Un esercizio di memoria

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Scrivere di cibo

Il cibo ci collega ai nostri antenati, ai paesaggi o alle case che abbiamo abitato e ai nostri corpi. La nostra relazione con entrambi è complicata e affascinante e scrivere brevi racconti personali al riguardo può aiutarci a illuminare verità più profonde su noi stessi.

Il cibo può essere un punto di partenza per esplorare i nostri mondi interiori. Scrivere un ricettario di famiglia o una piccola autobiografia culinaria ci permette di avere accesso a ricordi profondi, di connetterci alla nostra infanzia, esaminare la nostra eredità e riflettere sulla nostra crescita personale. In cucina, certamente, ma un po’ anche nella vita.

Nel corso delle lezioni abbiamo constatato come sia importante condire i nostri racconti e le nostre ricette con dettagli sensoriali o aneddoti che aiutino sia nella descrizione di certi passaggi e procedimenti ma anche ispirino il lettore, rendendolo partecipe dell’esperienza e strutturando una narrazione coinvolgente e incisiva. La scrittura diventa un mezzo per esplorare rapporti e abitudini legate al cibo e al nutrimento. Che si voglia scrivere il ricordo gastronomico preferito o la storia di una ricetta di famiglia, la scrittura serve per fare ordine, fermare le cose, ti obbliga a selezionare i ricordi.

Scrivere il ricettario di famiglia è quindi un grande esercizio di memoria.

Per molti dei partecipanti, e anche per me stessa, è stata la possibilità di far visita al passato, ritrovarlo e consultarlo, non con nostalgia ma con la voglia di capirlo e di portarlo nel presente con cura e responsabilità. Soprattutto con la consapevolezza di riconoscere da dove veniamo, quali sono i cibi che abbiamo adorato e cucinato, e quindi sapere dove possiamo andare in futuro, cosa mangeremo e cucineremo ancora. Scrivere le nostre storie di cibo e le ricette di famiglia vuol dire non perdere niente di quello che è stato, e fare spazio a ciò che verrà.

Al termine dell’ultima lezione del corso, ho chiesto ai partecipanti di scegliere una parola che sintetizzasse l’esperienza. Le parole che sono state scelte sono tutte molto simili, perché raccontano un percorso comune: memoria, ritrovarsi, amore, ricordi, comprensione, idee.

La parola che scelgo io è condivisione: perché è stato bello raccontarsi e ascoltarsi. A conferma di ciò che sostengo da sempre ossia che il cibo è un linguaggio universale che permette di generare immediatamente comprensione ed empatia, familiarità e anche amicizia.

Martina Liverani

Giornalista enogastronomica