Carteggio

Guerrini Olindo | 26/10/1899 | n.1930

Lettera | Emilia-Romagna

Trascrizione CCM

Car.mo Signor Artusi,

Abbia pazienza se le scrivo in questa carta indecente e coi miei caratteri di formica ; ma non mi riesce di scrivere un po’ a lungo se non faccio così.

Nella sua ricetta dell'anguilla col vino tutto sta bene, anche il preambolo. Non escluderei adirittura che papa Martino annegasse le anguille nel vino. Può darsi che nella esagerazione di una raffinatezza ignorante, di un lusso inutile e d'una ghiottoneria papale, credesse di fare una bella cosa facendo morire le anguille così ma certo non ne poteva ottenere nessun lodevole risultato perché la vernaccia si sarebbe fermata agli organi respiratori dell'animale, cioè alle branchie, o sarebbe appena penetrata nelle interiora e le branchie e le interiora si buttano al gatto.

Ma comunque sia del passo controverso, dubito che una marinatura a freddo conferisca all'anguilla, che, per essere molto oleosa è poco permeabile. Al pollo ed alle altre carni leggere si confà ottimamente, ma non alle carni grasse. Chi marinerebbe nel vino una fetta grassa di lardo? Il vino, a freddo, non può penetrare per troppo facile esperienza. A caldo invece sì, perché il grasso si discioglie, viene a galla e nei piccoli spazi che Proverò la sua ricetta, ma con anguille di mezzana statura, alle quali la credo adattissima. Deve poi essere eccellente per le anguille pescate in acque dolci.

Ora senta un pezzo di erudizione. Il Dott . G. F.Bonaveri scrisse un libro "Della città di Comacchio, delle sue lagune e pesche" e un Dott. Pierpaolo Proli cesenate la stampò con molte sue note in Cesena, per Biasini, 1761. In quel libro curiosissimo, a pag. 185, si legge, con questa precisa ortografia, cosi: "Per ora contentatevi, che io vi spiega la maniera di cucinare il pesce all'uso di Valle, e come si faccia quella vivanda, che col nome di Bruetto si chiama. In due maniere colà si pratica, l'una con gli Aromati, e l'altra senza di questi. Quando sentirete nominare a qualche Comacchiese la sola parola Bruetto intenderete tosto quello fatto semplicemente con molte Anguille tagliate in pezzi per lo traverso, che volgarmente diconsi Morelli posti nell'acqua della stessa Laguna entro un Laveggio a bollire. Cotta, che sia l'anguilla la danno in tavola, sebbene il più uguale è quello fatto coi Cavoli, o Verze pigliando il più tenero, ed il più crespo, e posto a bollire assieme con l'Anguilla. Egli riesce gustosissimo; ma solamente in Valle, attribuendo molti la virtù all'acqua. lo però ne do il vanto all'Anguilla viva, e subitamente levata dall'acqua, alla loro abbondanza che si ha in Valle, per cui il suo brodo riesce grato, e sostanzioso. Quando poi il Bruetto è fatto colle Spezie, in tal caso cotta che sia l'Anguilla, dissolvono in un mezzo bicchiero di Aceto un cucchiaretto di Speziaria, che colà si fabbrica comunemente con Croco, Coriandi e Zenzero, e bene sciolta la gettano nel Laveggio, e poco dopo si porta in tavola. In questa maniera si fanno i Bruetti di Miglioramenti, di Ceffali, di Passere, e di ogni sorta di Pesce, perché proprio di essere cucinato a lesso. Praticano pure d'aprire pel lungo l'Anguilla, o Miglioramento, e poscia tagliata per traverso alla larghezza di tre dita con poco sale sopra, pongono que’pezzi a cuocere a fuoco ardente su la Graticola, e cotti li danno a Tavola, ed è una delle squisite vivande, che in Valle si mangia, nominandole Bragiolette. La terza maniera di cucinare le Anguille, o Miglioramenti, è quella di levar loro la pelle, tagliarle in pezzi, salarle e infilzarle nello Schidione. Gli Burattelli anno una forma di più delle Anguille per essere cucinati, ed è quella di essere prima benbene battuti, e poscia o piegati, o distesi alla lungha sopra la Graticola, con poco Sale aspersi, e cotti che sieno, bollenti portati in tavola. Aspersi con sugo di Limone, o di Arancio e mangiati con Mostarda, sono squisitissimi. E tanto vi basti ecc_”

Com’ella vede, un secolo e mezzo fà, nel centro della produzione delle anguille, i metodi di cucinarle erano molto primitivi ed il buon dottor Bonaveri dice la vera ragione per cui, non solo l'anguilla, ma tutto il pesce riesce buono in qualunque maniera: "Io però ne do il vanto all'Anguilla viva e subitamente levata dall' acqua!” Parole di Vangelo!

Ma per tornare alla marinatura a freddo, che stimo inutile alle carni e ai pesci che il troppo grasso rende impermeabili, vengo al pollo alla Marengo, nel quale talora la marinatura è indicata.

L'origine di questo piatto è nota. La sera della Battaglia di Marengo, il Primo Console e i Generali, come è naturale, avevano un bell'appetito. Nel sottosopra di quella giornata i carri della cucina non si trovarono e il cuoco improvvisò un piatto con olio, aglio, [vino] e galline rubate. Il piatto (trasformato poi, complicato ed abbellito) piacque assai, forse più per cagione dell'appetito che de' suoi meriti primitivi e Napoleone lo preferì forse più per cagione del nome e del ricordo, che per altro. Se ella cerca nei libri del pollo alla marengo ne troverà a bizzeffe, tutte diverse, coi funghi, coi tartufi, colle salse le più raffinate. Ma il tipo vero sta come le ho detto in pochi ingredienti. Eccone due ricette, adatte alla cucina famigliare e buone e provate.

Pollo alla Marengo I - Tagliate il pollo in pezzi non piccolissimi, escludendo le ossa maggiori. Mettete in una teglia un velo d'olio alto come un soldo e disponetevi i pezzi del pollo in ordine, cioè che uno non stia sopra all'altro. Condite con sale e pepe, aggiungete una dozzina di cipollette, gli odori che vi piacciono e mezzo spicchio d'aglio ammaccato. Fate cuocere 25 minuti a fuoco vivo. Quando i pezzi sono coloriti da un lato voltateli e levateli poi col mestolo forato tenendoli caldi. Mettete nell'intinto un cucchiaio di farina e rimestate per quattro o cinque minuti fino al colore marrone chiaro, aggiungete un bicchiere di brodo, una cucchiaiata di cognac, fate ridurre per cinque minuti rimescolando, accomodate i pezzi del pollo sopra il piatto, passate la salsa e servite.

Pollo alla Marengo II - (Ed ecco perchè ricordavo la marinatura a freddo). Tagliate il pollo in pezzi come sopra e lasciatelo almeno per tre ore in infusione con tre cucchiai d'olio, il sugo di mezzo limone, mezzo bicchiere di vino bianco, sale, un pizzico di noce moscata ed altri aromi che vi piacciano. Sciogliete in casseruola un pezzo di burro e fateci colorire il pollo, indi spegnete coll'intinto dell'infusione e un po' di brodo se occorre. Aggiungete un cucchiaio di farina, rimescolate, fate bollire adagio e coperto e servite fiorendo con un po' di prezzemolo tritato.

Che ne dice? lo preferisco il secondo più [semplice] saporito e appetitoso. Ella può provare e dosare, ma creda che, alla stagione dei polli giovani, quando i galletti non lasciano in padella che poche ossa, queste due ricette non sono da buttar via.

E poichè in cucina una chiacchiera tira l'altra, senta un poco il piatto che cucinai alcuni giorni sono. Non l'ho inventato io. L ' ho preso dallo "Scalco alla moderna" del Cav. Antonio Latini da Colle Amato di Fabriano "essercitato nel servigio di varii Porporati e Prencipi grandi" (Napoli 1694). L’ho rifatto, dosato e provato con buon successo, così:

Polpette di trippa - Prendi gr. 350 di trippa già pulita e lessata, lavala, strizzala, asciugala e tritala più minuta che puoi con 100 gr. di prosciutto piuttosto magro e un pugillo di prezzemoli. Impasta il tutto con 20 gr. di midollo di bue, due ova, 30 gr. di parmigiano grattato e alcune cucchiaiate di midolla di pane scottata nel brodo o nel latte. Aggiungi poco sale e le spezie che ti aggradano. Il mio seicentista ci mette anche una passolina e pignoli. lo non li ho messi perchè col grasso non mi aggradano; ma chi li gusta, può provare.

Di questa pasta farai polpette per quattro o cinque persone e infarinate, le friggerai. Soffriggi indi in un tegame cipolla trita con olio, lardo o burro a tuo piacere. Metti le polpette nel soffritto, falle cuocere adagio e coperte, ed aggiungi a suo tempo sugo o conserva di pomidoro. Accomodale sul piatto e servile con poco intinto e con un poco di parmigiano grattato sopra. S'intende che si possono coprire con tartufi, tramezzare con funghi ed abbellire con tutte le ghiottonerie di rigaglie ecc. che si usano con gli umidi. Solo occorre badare che il midollo da cui traggono la delicatezza, non sia troppo, perchè si squaglierebbero nella padella. La trippa in questa forma è digeribile anche agli stomachi i quali la tollerano male, ma s'intende che non è piatto da "Porporati e Prencipi grandi".

Ora poi ho chiacchierato a bastanza. Ella vede che scrivo di rado, ma quando mi ci metto non so più finire. Debbo rimandarle la sua ricetta o la posso tenere?

La mia famiglia tutta che ricorda lei spessissimo, vuole che io le rinnovi i sensi di antica stima coi quali mi dico

Suo Dev.mo

O.Guerrini

_Bologna 26 ott. '99_

Immagini

Prec. Succ.