Carteggio

Zattini (don) Luigi | 01/01/1908 | n.1774

Lettera | Emilia-Romagna

Trascrizione CCM

Bertinoro [FO] 1 gennaio 1908

Cariss(im)o sig. zio

Il Cortesi, che si reca costì in compagnia d’altro giovane mio parrocchiano esso pure studente di musica, mi porge occasione d’inviarLe di nuovo i miei auguri per il felice proseguimento dell’anno testé incominciato ed i miei cordiali saluti. Io mi trovo abbastanza in salute e godo la pace in casa. La donna di servizio mi pare adatta e mi contenta perché economica e tiene la casa ordinata e pulita. Non è istruita e non sa molto lavorare, ma a questo si può passar sopra facilmente pensando che in tutto il resto va bene. La Mariuccia mi scrisse il 18 di dic(embr)e ult(im)o pass(at)o, mi pare dopo che scrissi a Lei per cui non devo averne parlato in d(ett)a mia lettera. Essa mi fa in quattro pagine fitte fitte il racconto di tutto quanto ha fatto per la famiglia e per me fino da piccolo portandomi in braccio, e per tutto questo si argomenta di aver diritto che io paghi alle suore una volta tanto £ 3000, oppure mi obblighi di pagare alle suore stesse la dozzena di £ 30 mensili, il corredo e l’arredamento per la camera. Protesta di non volere tornare a casa a qualunque patto ma di volere morire in religione perché ha conosciuto che questa è la volontà di Dio. Conchiude con dire che se io non sarò disposto a fare dei sacrifizi per provedere a questa sua necessità farà ricorso alle Autorità Civili. Mi suggerisce di vendere il podere mio per dare alle suore le 3000 lire richieste per un contratto vitalizio. Io non le ho risposto di sorte alcuna anche per insegnare a quelle suore che non era una lettera da lasciar passare. Starò intanto a vedere come andranno le cose. Infine dovrò con la sua porzione già fissata in £ 1048 pagarle la dozzena finché ce né e farmi fare la quietanza e poi dopo si vedrà il da farsi. Se non altro così mi assicurerò, in caso di morte, di non pagare due volte il suo credito. Non salutai la Bina, come mi diceva nella sua gentilissima del 21 perché era già a Lugo quando ricevei la lettera, il farò quando le scriverò. Per quel che io dissi nell’ultima mia riguardo ai sacrificii di Francesca e al danno degli altri nipoti nell’affare di Eutimio, il dissi non perché ciascuno non possa fare del suo quel che più le aggrada e sono veramente da detestarli quei parenti che fanno i conti sulla roba d’altri (Dio me ne guardi da tali parenti e sopratutto da tali sentimenti che non ho mai avuto) ma perché io sapeva per certo che Francesca si riteneva la custode del capitale lasciato dal Padre poiché se il testamento ufficiale la lasciava erede di tutto, il testamento di fiducia la lasciava solamente custode del capitale stesso: così mi venne assicurato più d’una volta. So anche che il capitale non venne cresciuto perché la Francesca, padronissima delle sue rendite, sempre le spese per uno scopo o per l’altro, tanto che per pagare le ultime 10.000 lire di Eutimio deve fare non lievi sacrifici. Il pensiero che Francesca si rovinerebbe per aiutare il fratello era una conseguenza naturale dedotta dai precedenti. Del resto in coscienza non può né un padre né un fratello per pagare i capricci dell’uno lasciare sul lastrico l’altro. Tanto per schiarimento delle cose. Gradisca, caro zio, i miei saluti e non mi creda del numero dei nipoti che fanno calcoli sulla roba degli zii, perché il confesso non sono di quelli, che io pure detesto. Con stima ed affetto mi raffermo aff(ettuosissimo) nipote d(on) Luigi Z.

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