Le ricette e il metodo artusiano

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Scuola di cucina - Il bello del fare

Prendiamo anzitutto la ricetta, una lista di ingredienti e un elenco di operazioni. Gli ingredienti sono quelli disponibili a chi legge, a Roma, a Forlimpopoli e altrove. Del pomodoro non indica la specie, così come della patata. Le variabili sono accette e non le si discutono.

Quanto ai grassi, l’emiliano userà il lardo, il milanese il burro e il napoletano l’olio, a suo piacere. Con questo, tutti gli italiani avranno il loro mercato e una sola ricetta. Secondo elemento : le fonti di calore. Artusi usava legna e carbone quando a Firenze esisteva già il gas, e, lasciando che ognuno s’arrangiasse, lascerà una eredità gestita sempre più da chi ha il gas e la corrente elettrica.

Ognuno ha il forno che si merita e se lo gestisce senza indicazioni prescrittive. Le operazioni: tempi e modi. La ricetta è a cronometro : un uovo è “a bere” in due minuti, “bazzotto” in sette, sodo in dieci. Ma se lo si scoccia allora si possono variare le salse, rossa al pomodoro, verde o all’acciuga e nulla impedisce che s’adagi su un purè di patate o su degli spinaci al burro. La scelta è aperta proprio perché l’elenco termina qui.

Contrariamente alla cucina di Escoffier o dei suoi emuli italiani, Artusi pensa alla propria e all’altrui casa, e se il cuoco, la cuoca han deciso che, domani, si mangeranno tagliatelle al prosciutto, nulla vieta che in mancanza di questo si usi la salsiccia, o addirittura, mancando il tempo di preparare le tagliatelle, si proceda semplicemente con gli spaghetti (alla salsiccia).

L’importante è scegliere combinazioni facili e gustose, perché, in una cucina domestica non incombono giudici e leggi che parlano francese o fiorentino. Quando poi il piatto è referenziale, i cappelletti all’uso di Romagna, allora Artusi dà persino il disco per la forma e le misure, senza alternative, lasciando poi la scelta della ricotta o del raviggiolo e delle spezie. Minestra di Natale, è un simbolo di cui l’industria s’è appropriata estendendo in modo super il mercato.

Poi c’è Artusi, i suoi ricordi, le sue ironie e le certezze, scientifiche e non, in margine alla ricetta, e questo siamo noi tutti, liberi e indotti da una eredità impalpabile, a credere ancora alla cucina di casa, scuola o no che sia.


Alberto Capatti, Direttore scientifico di Casa Artusi