Il manuale di Nonna Papera

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Assaggi di Storia

Nel 1970 esce il Manuale di Nonna Papera. Le nonne sono la tradizione familiare ma questa, non becca l’insalata, come nella canzone, ed organizza pranzi con Qui Quo Qua, con Pippo e Topolino, ispirandosi alle cucine di ogni parte del mondo e alla loro stessa storia.

I personaggi di Disney sono conosciuti da tutti, parlano tutte le lingue, e quindi mangiano di conseguenza. In una Italia, ricreata dal boom economico, questo manuale serve a celebrare una curiosità nuova che nutre una cultura in cui immagini con paperi e ricette parlano. Come inizia? Con la focaccia del paleolitico, nell’età della pietra, quadrata, formato toast, ed è paperino a prepararla. E la fine? “In un clima incandescente com’è quello che stiamo vivendo, in questa atmosfera di elettrizzanti conquiste spaziali niente c’è di meglio, per rinfrescarsi le idee, che un allegro e coloratissimo ghiaccio hippy”.

E via con cubetti con al centro un petalo di fiore ed un sapore di succo di limone, o di arancia o di pompelmo, o di ananas. Cucina popolare in cui l’America offre gli hot dogs, cani caldi disegnati da Dorgan, dietro incarico di un venditore di salsicce negli stadi, mentre la Russia, oltre a quella dello Zar, con avocado, offre la propria insalata, con salsa maionese, verdura di stagione, uova sode e olive nere. Anche la Cina è presente con i fiori di zucca. Rompendo quella che era un’immagine intima, locale, della cucina delle nonne, la Papera dà la misura della propria onnipresenza geografica e storica, senza dimenticare la semplicità di una mensa in cui, fatte sbucciare da paperino le patate, le lessa o le frigge e persino, bollite cinque minuti, le avvolge nella carta d’argento e le spedisce mezz’ora nel forno.

Il Manuale di Nonna Papera curato da Mario Gentilini offre con disegni e ricette una visione delle conoscenze culinarie di un’epoca segnata da hippy e sputnik, con i paperi di cui avevamo intima conoscenza. Alla ricerca dei cibi perduti e dimenticati ho trovato questo manuale, ma non l’ho inserito in un libro di recente pubblicazione, per non fare io stesso figura di papero, e forse ho avuto torto.

Alberto Capatti, Direttore scientifico Casa Artusi