Gli italiani e la cucina di casa

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L’inserto mensile di cultura gastronomica del Corriere della Sera, Cook APRILE 2020

pubblica un approfondito servizio sulla ricerca nata dalla collaborazione fra la Fondazione CENSIS e la Fondazione Casa Artusi, sulla pratica domestica in Italia, con interviste al Presidente del Comitato Scientifico di Casa Artusi, prof. Massimo Montanari e al Presidente di Censis, Giuseppe De Rita.


In occasione del Bicentenario della nascita di Pellegrino Artusi e nell’ambito di una riflessione condotta dal famoso istituto di ricerca sul “cuore” dell’Italia, Casa Artusi e Censis hanno avviato una collaborazione per approfondire, con una ricerca ad hoc, realizzata a fine 2019, la dimensione domestica degli italiani, con particolare riferimento al farsi il proprio cibo.
La curiosità che animava Casa Artusi, il centro di cultura che promuove in Italia e nel mondo la cucina italiana nella sua più importante dimensione, quella domestica, era conoscere se davvero, come risultava da diverse analisi, gli italiani e le italiane si limitassero solo a parlare di ricette e gastronomia, disertandone poi la pratica.
In effetti se consideriamo la cucina come vernacolo, come linguaggio, come struttura, come pratica ci rendevamo conto di quanto la contemporaneità l'avesse depressa e il mangiare fuori casa e il food delivery sembrava farla da padroni. Ciò nonostante dall’osservatorio di Casa Artusi si avvertiva un vitalità, una sensibilità nuova che alberga anche nelle nuove generazioni, che ci ha spinto, per non confondere desideri con tendenze, a voler conoscere meglio lo stato dell’arte, incrociando prodigiosamente l’interesse di Censis.
I numeri ci confortano. Quello che emerge è ben rappresentato dal Presidente del Censis, il sociologo Giuseppe de Rita: “La filiera agro-alimentare tanto apprezzata nel mondo nasce nelle nostre case, con le ricette di famiglia. Mangiare bene, mangiare a casa, mangiare con gli altri, mangiare tradizionale sono i pilastri che emergono dallo studio. Questa è la nostra logica in cucina.”
Ora che l’emergenza del corona virus ci costringe ad una quotidianità forzata e tutti noi siamo (ri)diventati abili cuochi possiamo sostenere che gli italiani non hanno mai abbandonato la propria cultura alimentare, costruita sulle tradizioni che continuano a vivere nella memoria di ciascuno di noi, vera biblioteca olfattiva e visiva a cui continuamente si attinge.
Come sottolinea il Prof. Massimo Montanari, storico della gastronomia e Presidente del Comitato Scientifico di Casa Artusi: “ Il fatto che il legame con il focolare non si sia perso contribuisce, ora, a creare un senso di radicamento e in futuro a ripensarsi. Però senza ottusità: la ricerca nostra mostra come le tradizioni per gli italiani contino, ma non siano totalizzanti. Parlano i numeri: il 67,5 % ricorda le ricette che prepara a memoria, ma allo stesso tempo il 54% ha in casa un libro di cucina e il 63,9% consulta il WEB. Fonti multiple per multiple versioni. Artusi (letto dal 23% a cui si aggiunge conosciuto dal 61%) sarebbe contento, perché le sue ricette non erano codici, ma racconti. Non cristallizzavano un piatto, davano se mai delle indicazioni e terminavano sempre con una postilla: Se questo ingrediente non vi piace, cambiatelo a vostro gusto “ .
Quando la situazione, confidiamo il prima possibile, sarà normalizzata e ciascuno tenterà di tornare alla vita di prima, coltiviamo la speranza che la frequentazione forzata con le priorità ci porti a mantenere forte il sistema valoriale che la cucina domestica offre. Anche qui il gastronomo di Forlimpopoli ci può essere d’aiuto a praticare l’essenziale con la triade che campeggia sul frontespizio del ricettario più famoso al mondo: igiene, economia, buon gusto.